DOMENICA 7 APRILE
MOSTRA MERCATO INTERNAZZIONALE
DELLA MASCHERA 2024
INCONTRO DEDICATO A TUTTI I CARNEVALI D'ITALIA
Il "Castlein" è la maschera simbolo del Carnevale di Castelnovo di Sotto; con la berretta calata sulle orecchie, con le scarpe grosse da contadino, con i suoi calzoni "ascellari", egli prenderà per pochi giorni il potere, darà il via alla festa, ai giochi popolari, restituirà ad un paese intero l'orgoglio ed il piacere di seppellire la stupidità del mondo sotto il fragore di una risata intelligente e provocatoria. Senza vergognarsi della sua povertà economica, né della sua ignoranza accademica perché a sostenerlo c'è il buon senso contadino, la solidarietà di tutti i suoi concittadini, la solidità del suo lavoro e dei suoi valori: in una parola tutta la cultura accumulata da secoli di lavoro nei campi o nelle botteghe artigiane. Questo il nostro "Castlein", Re del Carnevale di Castelnovo di Sotto, spera di riuscire a ricordare ai suoi concittadini e a tutti gli ospiti che verranno a trovarlo, a tutti offrendo, insieme a un po' di buonumore, un bicchiere di vino, una fetta di salame, un pezzo di gnocco fritto.
.Castelnovo di Sotto. "Citta' del carnevale" dal XIX al XXI secolo
Nel 1885 nasce a Castelnovo di Sotto la prima Società per il Carnevale, con lo scopo dichiarato di promuovere e coordinare i divertimenti carnevaleschi onde maggiormente favorire il commercio e le industrie locali.
La costituzione della Società ha luogo all'interno di un contesto sociale ed economico generale in cui il Carnevale riveste un ruolo di primaria importanza nella celebrazione dell'espansione urbana delle città italiane ed europee interessate a incentivare come richiami turistici, in grado di generare indiretti ma significativi benefici economici, anche corsi mascherati pubblici e veglioni danzanti nei teatri o nei salotti della mondanità aristocratica-borghese.
Città minori e paesi come Castelnovo di Sotto, che ospitava già dal 1810 una vera e propria Fabbrica di Maschere fondata da Prospero Guatteri, seppero valorizzare queste esperienze trasformandole in vere e proprie tradizioni che ancora oggi mantengono una grande vitalità. L'attività della Società per il Carnevale, alla quale tutti coloro che godevano dei diritti civili potevano aderire dietro il pagamento di una piccola somma, fu sostanzialmente volta all'organizzazione di corsi mascherati con carri, carrozze e maschere, che divennero in seguito veri e propri spettacoli a pagamento, anche per fare fronte all'insufficienza dei mezzi finanziari a disposizione della Società.
Per risolvere il problema della mancanza di risorse economiche, fu inoltre istituita una nuova Società dedita alla beneficenza e alla ridistribuzione indiretta degli eventuali utili di gestione ottenuti con l'organizzazione del Carnevale.
Il genere di corso mascherato che si afferma nel XIX secolo ha, inoltre, origini cittadine e aristocratiche. Il modello è quello dei carri a preponderante connotazione scenografica e allegorica, che animavano nel Rinascimento le feste promosse per celebrare gli ingressi trionfali dei principi e i matrimoni regali e che assumeranno un ruolo centrale nelle manifestazioni carnevalesche della Firenze rinascimentale.
Anche nelle forme che assumono nel corso del 1800 i festeggiamenti del Carnevale a Castelnovo di Sotto si trova l'affermarsi di elementi allegorici nella creazione dei carri, un'evoluzione probabilmente indotta anche dal cambiamento di estrazione sociale delle persone che partecipano alla loro costruzione, che sembrano provenire ora dai ceti più ricchi e istruiti.
Una testimonianza di questa trasformazione è data dalla descrizione del corso mascherato del 1893, riportata sull' Italia Centrale del 16 febbraio, in cui si accenna a una Mascherata della Pace, allestita con gusto e finissimo senso allegorico, accompagnata dall'usanza, nuova per Castelnovo, di gettare fiori e dolci.
Alla fine del XIX secolo il Carnevale di Castelnovo di Sotto inizia a diventare un appuntamento di riferimento per i reggiani e i paesi circostanti, anche se numerose Società di divertimenti, che organizzavano corsi mascherati, veglioni e rappresentazioni teatrali in varie abitazioni o luoghi eletti a teatrini sociali, iniziano ad essere presenti un po' ovunque nei paesi della provincia di Reggio Emilia.
Maschere e mascherate continuano ad animare i festeggiamenti del Carnevale nelle città e nei paesi del territorio reggiano anche nella prima metà del XX secolo, nonostante il controllo esercitato dalle autorità preposte alla tutela dell'ordine sociale che regolarmente emanavano il Manifesto per le Maschere, e le idee moralizzatrici in materia di divertimenti del socialismo riformista che si era affermato nei primi anni del 1900.
L'obiettivo programmatico di base del movimento socialista era, infatti, quello della conquista dell'emancipazione economica da parte del popolo attraverso il possesso degli strumenti culturali. Tutto ciò che poteva distrarre dallo studio, compresi quindi i divertimenti connessi ai festeggiamenti del Carnevale (corsi mascherati, festival, lanci di coriandoli, etc.), era visto in maniera negativa, come manifestazioni di sperpero inopportuno di fronte alla povertà in cui versava la maggior parte della popolazione. In realtà, proprio in queste manifestazioni è possibile ritrovare uno dei caratteri propiziatori fondamentali del Carnevale: lo sperpero come augurio di abbondanza, anche e soprattutto per i più diseredati.
Con l'avvento del Fascismo, e fino alla sua caduta, la Prefettura di Reggio Emilia emanò ogni anno il divieto dell'uso della Maschera durante il Carnevale. In queste prescrizioni, ciò che in realtà veniva proibito era l'esibizione di maschere e di travestimenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Queste interdizioni erano rivolte contro i privati. Ne erano, infatti, esonerati i gruppi organizzati di derivazione fascista, come, a Castelnovo di Sotto, la Società della Fiamma, il cui marchio recava la scritta Danze – Teatro – Sport – Carnevale, e l' Opera Nazionale Dopolavoro, che organizzava Corsi Mascherati a scopo di beneficenza.
La politica fascista cercava, infatti, di organizzare il consenso delle masse attraverso una serie di associazioni "apolitiche", ma fiancheggiatrici del Partito, incaricate di organizzare feste popolari, a carattere folcloristico e in gran parte inventate (come a Castelnovo la giornata del fiore o la Festa dell'Uva), che avevano una funzione di compensazione rispetto ai divieti del regime.
A partire dagli anni Trenta del XX secolo i festeggiamenti del Carnevale diventano spesso una tranquilla attività di beneficenza per le signore dei fasci femminili.
Con il Fascismo, infatti, trionfa una cultura pervasa di perbenismo e di "buoni sentimenti", attenta alle apparenze e al moralismo di maniera, che era già presente in Italia tra fine Ottocento e primo Novecento.
A tutto ciò si aggiunge la censura politica: lo spazio lasciato al dissenso si esauriva in una battuta di spirito, una barzelletta graffiti dissacratori sui muri del Paese. La maschera doveva avere un significato allegorico e non politico. Dai componenti creati per il Carnevale dovevano essere eliminati tutti gli intenti satirici e comici. Da celebrare erano invece l'ingegno umano e le più grandi conquiste del secolo (come la macchina a vapore, il telegrafo e i grandi interventi in grado di vincere le forze naturali). Durante le manifestazioni del Carnevale era vietato qualsiasi tipo di lancio. Nonostante i divieti, l'antico spirito del disordine e della trasgressione, proprio della natura di questa festa, continua ad emergere a Castelnovo: nel significato speciale di allegorico che assumeva la costruzione dei carri; nella presenza di una satira popolare ingenua, ma acuta, non politica, ma personale, attenta soprattutto a ciò che è vicino e presente; nelle burle messe in atto non tanto per far ridere, ma per difendersi dal potere, come nel più antico spirito di Bertoldo.
Dal Comitato per il Carnevale alla Società Cooperativa "Il Carnevale"
Nel 1946 nasce a Castelnovo di Sotto il primo Comitato per il Carnevale, che si occuperà, quasi ininterrottamente, fino al 1977, anno di costituzione dell'attuale Società Cooperativa "Il Carnevale", dell'organizzazione delle sfilate dei carri allegorici, costruiti dalle diverse scuderie.
Fra le prime: la Verdi, la Sintomo, la Novella, la Pagoda, la Belvedere, la Maestrina e Montecarlo. Al primo Corso Mascherato del dopoguerra partecipò però un unico carro, dal titolo Intervento chirurgico su Sandrone. Già nel 1947 i carri erano due. I carri non erano ancora costruiti in cartapesta, ma in ferro, paglia, stracci. Si lavorava al freddo, sotto i portici delle case coloniche, in gran segreto perché i "rivali" non venissero a conoscenza delle nuove creazioni carnevalesche.Lazzi e "lanci" di cioccolatini, confetti, caramelle, intrigoni e arance animavano i corsi mascherati e ad ogni carro era collegato un "lancio" specifico di leccornie.
Nel 1948, nella costruzione di alcuni elementi dei carri inizia timidamente a comparire la cartapesta, la cui lavorazione fu appresa sia attraverso l'insegnamento diretto da parte di alcuni maestri viareggini che furono chiamati in Paese, sia attraverso l'imitazione di maschere già usate nel Carnevale di Viareggio che furono acquistate dai promotori del Carnevale di Castelnovo. A causa della costante mancanza di soldi, nella costruzione dei carri, che dal 1952 non saranno più trainati da buoi o cavalli, ma da trattori, fra i materiali prevalentemente usati vi era ancora il legno, che spesso ci si procurava tagliando in maniera illegale, proprio come nell'Ottocento, i pioppi piantati sugli argini della Bonifica.
Dal 1955 al 1968 la realizzazione dei Corsi Mascherati subì un arresto, dovuto alla presenza di dissapori interni all'organizzazione e al fatto che l'alto costo della costruzione dei carri non era ricompensato dagli incassi e dai premi.
La ripresa dei tradizionali Corsi Mascherati si ebbe nel 1969.
Nel 1972 il Comune di Castelnovo mise a disposizione del Comitato, costituitosi per organizzare i festeggiamenti del Carnevale, un'area sulla quale costruire due grandi capannoni, dove riprese, in modo sociale e condiviso, la costruzione dei carri.
Una nuova modalità che portò, nel 1977, alla costituzione dell'attuale Società Cooperativa "Il Carnevale", che esprime nello Statuto i propri principi e scopi. Composta da soci suddivisi nelle scuderie impegnate ogni anno nella realizzazione di carri allegorici e di mascherate, la Cooperativa "Il Carnevale" è basata sul volontariato ed è retta da un Consiglio che elegge annualmente il Consiglio di Amministrazione.
Le sfilate
Le creazioni delle Scuderie, che animano le principali domeniche del Carnevale, sono distinte, come da regolamento della Cooperativa, in due categorie principali, carri giganti e mascherate giganti, che gareggiano per la conquista del titolo di miglior realizzazione. La vincita del Gonfalone è invece riservata solo ai carri di prima categoria.
Al Castlein
Simbolo e icona dell'attuale Carnevale, introdotto nel 1994 a presiedere e rappresentare le manifestazioni carnevalesche, il personaggio del Castlein è il degno erede di quel re della pazzia, detto Sandroncino, creato nel 1885 dalla prima Società per il Carnevale, inconsapevole emblema dell' idea di rovesciamento del mondo connaturato a questa manifestazione.
Negli ultimi anni il programma delle sfilate, a cui partecipavano tradizionalmente, in qualità di ospiti, gruppi folcloristici, bande con majorette, gruppi di ballo e artisti di strada, è stato integrato con appuntamenti enogastronomici, sportivi e culturali.
La Mostra-Mercato dei Carnevali
Istituita nel 1995, la Mostra-Mercato dei Carnevali rappresenta una manifestazione di grande successo organizzata annualmente presso la sede della Cooperativa "Il Carnevale", che consente a tutte le realtà carnevalesche nazionali e agli operatori del settore di attuare la compravendita o lo scambio delle opere prodotte (in modo tale da finanziare i gruppi e le scuderie dei costruttori, ma anche di sopperire a una progressiva diminuzione delle persone dedite alla costruzione di carri allegorici e mascherate), di confrontarsi su problematiche tecniche comuni (di carattere gestionale, economico, organizzativo) di condividere esperienze culturali.
In occasione della Mostra-Mercato, vengono, inoltre, promossi convegni di studio su tematiche specifiche, inerenti aspetti che possono accomunare le singole realtà, o di approfondimento storico-culturale in senso lato.
La costituzione della Società per il Carnevale, alla fine del XIX secolo, si rivela quindi, un atto di straordinaria importanza, perché sancisce la nascita di una realtà che racchiudeva in sé già tutti quei valori di cooperazione sociale che caratterizzano ancora l'attuale operatività della Cooperativa "Il Carnevale", volti a promuovere, anche sotto il profilo economico, una peculiare identità creativa e specifiche competenze tecniche ed artigianali.
I Guatteri: una famiglia di artigiani e di artisti
La famiglia Guatteri si stabilisce a Castelnovo di Sotto già nel XVIII secolo, proveniente da Reggio Emilia. Per tutto il ‘700 e l'800, gli esponenti di questa famiglia si distinguono non solo come artigiani del legno, intagliatori, decoratori, indoratori, pittori in senso lato, autori di pregevoli opere, ancora in parte conservate in chiese e sagrestie, ma anche come animatori delle locali mascherate, fabbricatori di maschere e creatori di carri allegorici, scenografie, apparati pirotecnici e macchine teatrali.
La Fabbrica di maschere della famiglia Guatteri nel contesto economico del tempo
Prospero Antonio Guatteri (1783-1861), nato a Castelnovo nel 1783 da Giovanni Guatteri e Rosalia Giuberti, è il vero e proprio precursore dell'importante dinastia di costruttori di maschere, anche se in un documento dell'Archivio di Stato di Reggio Emilia, il nome Guatteri è già presente nel 1790. Il periodo in cui la fabbrica avvia la propria particolare produzione si presenta particolarmente propizio per le attività economiche, nonostante il blocco continentale posto dagli Inglesi per contrastare il dominio di Napoleone. Questa favorevole condizione non si ripresenterà, invece, con la restaurazione estense, che sosterrà le ideologie agrarie conservatrici e boicotterà tutte le attività industriali non direttamente collegate ai tradizionali cicli di trasformazione dei prodotti della terra.
Nonostante le restrizioni in materia economica, in alcuni documenti d'archivio del 1835 e del 1836, il nome di Prospero Guatteri appare associato alla richiesta di un passaporto che potesse permettergli la libera circolazione nella provincia di Mantova, insieme ai due figli Francesco, di quindici anni, e Luigia, di venticinque, per poter svolgere la professione di fabbricator di maschere.
Nel 1840, per affari di sua professione, Prospero Guatteri ottiene, invece, un foglio di via per Parma.
Il 26 gennaio 1844 era Pietro Guatteri (fratello di Prospero) a chiedere il rilascio di un passaporto per Parmigiano e Lombardo Veneto dovendovisi recare per oggetti riguardanti la di lui professione di Incisore, ossia Fabbricatore, di Statue, e di Mascare. Solo dopo l'Unità d'Italia, nel 1870, quando le industrie reggiane iniziano ad essere censite e catalogate, la fabbrica Guatteri viene classificata nella "Statistica generale della Provincia di Reggio Emilia", redatta dal Prefetto Scelsi, tra le manifatture che utilizzano materiali animali – probabilmente per l'uso nella produzione di tela, cera, seta e colore - e menzionata "per la perfezione de' suoi prodotti, dei quali si fa esportazione in altre provincie del Regno ed anche all'estero".
Dall'indagine emerge come la fabbricazione di maschere, nonostante fosse da inserirsi tra le produzioni di beni di lusso, producesse profitti superiori a quelli di diverse altre attività. Questi utili erano anche conseguiti, con ogni probabilità, grazie alla grande capacità artistica dei Guatteri di cogliere ed interpretare i gusti estetici correnti, all'abilità di saperli valorizzare nel realizzare un prodotto rispondente a quanto il mercato chiedeva e alla grande professionalità della manodopera che impiegavano.
L'organizzazione della Fabbrica
Nelle relazioni economiche ufficiali redatte a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, la struttura operativa della fabbrica nel corso degli anni non appare sostanzialmente mutata. Si configura ancora come attività artigianale, a conduzione prettamente famigliare, anche se, di fatto, rappresentava una delle poche attività attive a Castelnovo di Sotto che impiegava manodopera in numero relativamente considerevole: nel 1892 l'impresa dei Guatteri viene descritta come fabbrica di volti per maschera con un numero di operai pari a 7.
La maggior parte delle persone impiegate nella creazione delle maschere erano donne, scelte, con ogni probabilità, per le doti di precisione manuale che potevano offrire. I componenti della famiglia Guatteri partecipavano direttamente e attivamente alle diverse fasi di fabbricazione che, nel corso dell'anno, potevano richiedere da un minimo di quattro a un massimo di trenta persone.
L'attività di esportazione
L'importanza assunta negli anni dalla fabbrica dei Guatteri nell'economia del Comune di Castelnovo di Sotto e della Provincia di Reggio Emilia, all'interno del proprio settore, deve essere attribuita non solo all'alta qualità dei propri prodotti, ma anche all'esportazione dei manufatti, fin dall'inizio dell'attività, in diversi paesi europei (Svizzera, zone d'oltre Brennero, Tirolo tedesco, Francia), all'interno di un quadro economico italiano generale di fine Ottocento - inizio Novecento che favoriva gli scambi con il resto d'Europa. In seguito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale questi rapporti commerciali subirono una forte battuta d'arresto. Questa congiuntura sfavorevole permise, tuttavia, ai Guatteri, di dimostrare la propria dinamicità e capacità di adattamento, orientando le proprie esportazioni ai mercati americani, all'interno dei quali il prodotto voluttuario dell'impresa castelnovese riuscì a conquistare una buona posizione.
Il declino della Fabbrica di Maschere
Negli anni Venti, la politica protezionistica attuata dal governo Fascista, che porterà alla perdita di competitività delle industrie italiane all'estero, i privilegi concessi all'industria monopolistica a scapito delle piccole imprese, e l'intensificarsi di decreti che limitavano o proibivano l'uso delle maschere, avranno ripercussioni anche sull'attività dei Guatteri, che cesseranno la produzione di maschere nel 1933.
Nel 1944 gli stampi utilizzati nella realizzazione delle maschere vengono venduti alla ditta "Mascherificio Italiano Cervi & C." di Fornovo di Taro, ma ogni tentativo di riprendere l'attività dei Guatteri risulterà vano, soprattutto per l'irrimediabile dispersione del patrimonio tecnico-professionale originario e per il profilarsi già nel primo dopoguerra, di nuovi gusti estetici, costumi e abitudini che mutano il mercato tradizionale di questi beni.
E' una struttura museale a prevalente carattere didattico che documenta la tradizione del Carnevale di Castelnovo di Sotto attraverso l'evoluzione storica della maschera carnevalesca e delle operazioni necessarie alla sua creazione, lavorazione e produzione. Il nucleo principale del museo è rappresentato dall'eccezionale raccolta di maschere, modelli in tessuto, modelli in gesso, stampi e materiali per la stampatura acquistata dall'Amministrazione Comunale nel 1997, a cui è andato ad aggiungersi il nucleo di maschere donato al Comune dal collezionista Eugenio Gabrielli nel 2002. Si tratta di un patrimonio unico costituito da 222 pezzi, esposti secondo un ordine che rispecchia le varie fasi di lavorazione e le diverse tecniche elaborate dai maestri Guatteri. A questa famiglia, originaria di Reggio Emilia, sono dedicate alcune sale del museo che ricostruiscono la storia della Fabbrica di maschere, fondata nel 1810 da Prospero Guatteri e rimasta attiva fino al 1933, e dell'attività produttiva di questi artisti permettendo di recuperare e valorizzare la tradizione artigianale di questo territorio. L'allestimento museale è corredato da pannelli illustrativi che accompagnano il visitatore alla scoperta della storia e del significato dell'antica festa del Carnevale.
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